Google Car
La prima prova: un bottone e parte il pilota automatico
Devo ammettere che un po’ stressato lo sono. Un’auto che si guida da sola? E io dentro, a guardare dal finestrino, mentre lei mi porta a spasso? Nella vita mi è capitato di pilotare anche i carri armati: Leopard, col cannone da 105 armato sopra la testa. Però ero addestrato: se facevo quello che dovevo, e sapevo, sarebbe andato tutto liscio. Ma qui se il computer sbaglia mi schianto, allargando le braccia? Sono in una sede di Google, per la prima prova di una self driving di google car da parte di un giornale italiano.
Il progetto è cominciato nel 2009, e finora queste auto senza pilota hanno percorso oltre un milione e mezzo di miglia in quattro città americane, Mountain View, Austin, Kirkland e Phoenix. Hanno avuto una dozzina di incidenti, ma solo uno, quello del 14 febbraio scorso, è avvenuto per colpa della self driving car, che per evitare alcuni sacchetti di sabbia sulla strada ha urtato un bus. Niente feriti, ma un problema da risolvere è la responsabilità legale in questi casi.
Google ha appena firmato un accordo con la Fiat Chrysler, che nei prossimi mesi costruirà cento monovolume Pacifica per incrementare la flotta. Nessuno prevede con esattezza quando le macchine saranno disponibili per il pubblico, anche perché al momento si stima che il solo sistema laser per la guida costi 75 mila dollari al pezzo. Sergio Marchionne però ha detto che si aspetta di vederle sulle strade nel giro di cinque anni. Chris Urmson, leader del progetto Google, ha fatto una previsione ancora più personale: «Mia figlia ha 12 anni, e credo che non dovrà mai prendere la patente di guida», perché nel frattempo le self driving car saranno sul mercato. Siccome negli Usa la patente si prende a 16 anni, fate voi i conti dei tempi.
I motivi logici di questa rivoluzione sono almeno due: primo, risparmiare il tempo che perdiamo ogni giorno guidando, usandolo per fare altro o rilassarci; secondo, salvare vite umane. Ogni anno 1,2 milioni di persone muoiono in tutto il mondo per incidenti di auto, che nel 94% dei casi sono provocati da errori umani. Mettere alla guida un computer, che non dorme e non si ubriaca, le salverebbe. Prima però bisogna perfezionare la tecnologia, con test come quello che facciamo oggi. Io mi siedo sul sedile posteriore della Lexus attrezzata da Google, mentre al posto di guida si mette Luke Bae, un pilota del progetto. Alla sua destra c’è l’ingegnere Andrew Chatham, con un computer sulle ginocchia che mostra la strada in diretta: «L’auto – dice – è condotta da un sensore laser che individua gli ostacoli, una telecamera che vede la strada e riconosce il colore dei semafori, e un radar che nota ogni oggetto. Io carico la mappa della zona, indico il luogo dove voglio andare, e la macchina decide come arrivarci». All’inizio Luke guida manualmente per uscire dal parcheggio, e io domando: «Quando cominciamo a muoverci senza pilota?». Andrew sorride soddisfatto: «Buon segno. Stiamo già andando senza pilota, e non te ne sei neppure accorto». Avrei una gran voglia di farmi il segno della croce, ma evito.
Il passaggio è molto rapido: sul volante c’è un bottone, tipo quello per accendere la radio. Basta premerlo, e il pilota automatico entra in azione. Se c’è un’emergenza, Luke può riprendere subito il controllo, pigiando lo stesso bottone, oppure azionando il volante, l’acceleratore, o il freno. Il primo semaforo lo incontriamo all’incrocio fra Alvin Street e Middlefield, il primo della mia vita a cui mi sto avvicinando senza che alcun essere umano abbia il piede sul freno. Sullo schermo di Andrew appare una barriera rossa, che informa l’auto della necessità di fermarsi. Il nostro percorso è segnato in verde. Intorno si vedono tutte le macchine e i camion che passano vicino, e i pedoni che stanno per attraversare. L’auto fa la scelta più conservatrice possibile, e si arresta. Poi vede che la luce è diventata verde e riparte. Noi a quel punto stiamo parlando del sole della California, perché lo stress è svanito.
La velocità scelta dalla macchina dipende dai limiti legali e dalle condizioni della strada. Una volta, durante una prova di questo tipo, un’anziana signora sopra una carrozzella a motore sbucò in mezzo alla via per inseguire una papera: sono entrambe ancora vive. Google infatti sta preparando la sua tecnologia a contemplare anche lo 0,001% di sorprese più imprevedibili che potrebbero presentarsi. Qualche volta la frenata è un po’ brusca e, quando ci troviamo davanti un camion parcheggiato contromano, l’auto riflette un istante prima di fare la sterzata secca per evitarlo. Ho visto di peggio, dai piloti umani. E quando si accorge che a sinistra c’è una macchina che vuole entrare nella nostra corsia, invece di accelerare e fare le corna, frena e cede il passo. Il Vittorio Gassmann del «Sorpasso» avrebbe optato felice per il gesto dell’ombrello, ma sarebbe finito nel burrone. Noi invece chiacchieriamo come fossimo in salotto, e parcheggiamo con dolcezza davanti alla sede di Google da dove eravamo partiti. Basta un attimo, per abituarsi al futuro.
Fonte:
a cura di PAOLO MASTROLILLI
Esatroll da 21 anni viaggia con sistemi automatici e con sistemi simili a quelli che sta sperimentando in questi anni Google car, chiaramente un’auto è soggetta a molti più imprevisti rispetto a un veicolo automatico (AGV) in una azienda.
Vistate il nostro sito Internet www.esatroll.com e guardate a che punto siamo arrivati.